Janisset può essere considerato un artista del sincretismo: egli osservando modelli, forme e ornamenti trovati su vecchi edifici o tombe, li riutilizza per creare nuovi assemblaggi e architetture riutilizzabili, a partire anche da capanne per bambini rivestite con calchi di piombo.
Jean-Baptiste Janisset, è un artista francese che vive a Marsiglia. Diplomato alla Scuola di Belle Arti di Nantes, ha già esposto le sue opere in Giappone, Benin, Germania, Algeria, Danimarca e ha partecipato a Parigi a eventi come il Prix de la Fondation Emerige, il Salon Jeune Création o il Salon de Montrouge. Nel 2020 ha esposto la sua personale all’Atelier Chiffonnier di Digione, alla Galerie Alain Gutharc a Parigi e ad una mostra collettiva al MRAC Sérignan.
L’artista francese basa il suo lavoro sulla religione e sui riferimenti storici. Visitando luoghi di culto, parroci e persone che hanno fede, si propone di esplorare l’aldilà all’interno di diverse religioni. I suoi studi, seguiti dai suoi viaggi in tutto il mondo, hanno contribuito a scolpire il suo viaggio per diventare un artista.
Influenzato pesantemente dalle persone che incontra durante i suoi viaggi e pellegrinaggi, Jean-Baptiste crea un’opera scultorea che racchiude magnificamente questo aspetto. Esteticamente affascinante e strutturalmente metallico, il suo lavoro è molto personale e come quello di nessun altro.
Instancabile camminatore, percorre Francia e dintorni alla ricerca di rappresentazioni simboliche e religiose, di testimoni di ciò che unisce gli spazi attraversati: le loro storie, i loro ricordi, le loro credenze. La sua principale fonte di ispirazione sono le passeggiate nei cimiteri e nei luoghi di culto.
Servendosi di tecniche di stampaggio e fonderia arcaiche, spazzola gli oggetti con l’argilla, per preservarne le impronte, che chiama “rivelazioni”.
Sourire aux Anges du Frioul
Il gesto è rapido, la presa imperfetta: l’artista realizza i positivi di questi oggetti di culto deformi e irregolari, le cosiddette stigmate, che poi espone in composizioni sincretiche, pop e colorate.
Queste sculture scrivono una storia, un risveglio sincretico e portano dentro di sé il contesto della loro produzione: non sono da considerarsi frutto di appropriazione culturale, ma di scambi, di incontri, di cui sono la materializzazione. «Ho la volontà di aprire spazi», afferma lo stesso Janisset.