Naomi Gilon, originaria di Arlon, spostatasi successivamente a Bruxelles, racconta di come la sua visione sia cambiata nel corso degli anni e di come il suo approccio all’arte abbia dato vita a qualcosa di unico nel suo genere.
Da un po’ di tempo a questa parte, l’artista belga ha iniziato a porsi domande e ad approcciarsi al mondo del fashion. È riuscita in questo modo a combinare l’arte della ceramica e il concetto di moda, dando vita ad una serie di oggetti fuori dal comune e che inevitabilmente ci ricordano alcune delle maggiori icone di stile della moda moderna e contemporanea.
Charmeuse de Serpents è una serie di oggetti prodotti interamente in ceramica dall’artista stessa e alcuni di essi rappresentano, almeno a livello formale, scarpe o borse iconiche di stilisti conosciuti ma in chiave decisamente inusuale, quasi mostruosa: la classica décolleté di Louboutin, ad esempio, è in questa serie dotata di protuberanze affusolate che alterano letteralmente la forma consueta della calzatura, così come per l’apparente Triple-S di Balenciaga.
Il lavoro svolto dall’artista nasce dall’esigenza di raccontare la relazione tra realtà e simbolismo di un oggetto specifico, come accade in questo caso per l’industria della moda.
Gli oggetti creati riflettono l’andamento temporale, le guerre e le crisi che affliggono l’umanità. Ed è da questa concezione che gli art-pieces si trasformano, assumendo caratteristiche antropomorfe per riflettere la sua personale visione della realtà in cui viviamo, rompendo quindi le barriere della banalità per fare in modo di rivoluzionare ed arricchire allo stesso tempo la visione dello spettatore.
The dragon eating its own tail, Earthenware ceramic Les babouches, Earthenware ceramics
Oltre ad una necessità di espressione, Charmeuse de Serpents è anche l’immagine rappresentativa di paure e desideri della società odierna, in cui il mostruoso incontra inevitabilmente i tratti caratteristici di una realtà tangibile.
Essa crea un dialogo tra il suo universo personale e i ricordi del Marocco. Prende in prestito dal cinema cruento l’aspetto deforme del corpo e immagina oggetti ibridi su cui strisciano lentamente i rettili che scandiscono la vita di piazza Jemaa el Fna, così come i miti e le leggende che raccontano.