Studio di architettura e di interior design giovane e
dinamico, GruppoTre, fondato dall’architetto Filippo Chiesa Ricotti, inaugura lo studio di via Ruggero Boscovich 50 a Milano con la mostra Ingressi Contingentati – a selection of, dell’artista Giorgio di Palma.
Per tre giorni consecutivi, dal 27 al 29 ottobre, l’esposizione sarà visitabile sia online che dal vivo previo appuntamento.
Abbiamo intervistato Filippo Chiesa Ricotti e ci siamo fatti raccontare del progetto GruppoTre e delle differenti iniziative che segue.
Filippo raccontami della tua carriera professionale prima di GruppoTre.
La carriera professionale pria di Gruppo Tre è brevissima. Mi sono laureato al Politecnico di Milano e nel frattempo ho fatto un tirocinio presso lo studio del mio professore, l’architetto Claudio Sangiorgio, colui che mi ha formato e che è stato il mio mentore su quella che è la competenza professionale. Poi ho fatto l’esame di Stato che è ro ancora in provincia di Pavia dove ho iniziato a lavorare. Da li a poco mi sono trasferito a Milano per vari contatti lavorativi.
GruppoTre inizia già a Pavia.
Si, all’epoca eravamo in due, io e la collega Giulia che era stata la prima ad unirsi a me in questa avventura. Il nome dello studio deriva dall’Università, sono sempre stato il GruppoTre durante quattro esami di progettazione della magistrale. Mi ha sempre portato particolarmente bene.
Quindi avete due sedi giusto?
No, siamo solamente a Milano. Abbiamo fatto per un po’ di tempo avanti e indietro ma poi abbiamo deciso dal 2015 di mantenere un solo studio.
Da Pavia a Milano. Cos’è cambiato?
A Pavia era più uno studio tecnico, aveva una concezione più classica. A Milano abbiamo ampliato i servizi, le attività e abbiamo anche aggiunto tutta una componente di interior design che a Pavia non seguivamo. Ora ci occupiamo di una gestione completa del progetto di architettura: dalla sua realizzazione alle pratiche, al supporto in cantiere fino ad arrivare al dettaglio dell’arredo.
Anche GruppoTre sta realizzando degli arredi è corretto?
È una passione che mi è venuta nell’ultimo periodo. Realizziamo il design del prodotto, disegnandolo e realizzandolo con i nostri artigiani..
Mentre Home With?
È un collettivo di creativi, di amici fondamentalmente. Siamo dieci giovani professionisti tra cui architetti, ingegneri e interior design. Ci conoscevamo gia un pochino attraverso i social e da lì abbiamo creato un primo evento l’anno scorso da Archiproducts: dieci architetti per dieci case instagrammabili, ognuno di noi presentava un moodboard con immagini, colori e ispirazione.
Home With. Che cosa cambia da Gruppo Tre?
GruppoTre è uno studio professionale, ci occupiamo di clienti con delle necessità specifiche. Home With nasce invece dall’esigenza di creare gruppo con altri professionisti, di fare rete con altre realtà simili ma diverse da noi. Siamo una nuova generazione di architetti e voglio dimostrare che ingegneria e design possono collaborare e dare massima visibilità a tutti.
Quindi l’obiettivo di queste sinergie è anche quello di mixarsi?
Mixarsi e promuoversi a vicenda.
Mentre The home sanctuary è ancora un’altra cosa...
É il tema che abbiamo deciso per la mostra di Home With avvenuta durante la Design Week e relativa alla visione della casa in quarantena.
E il rapporto con i clienti?
Ognuno lo gestisce indipendentemente. Home With è solo un mezzo con il quale organizziamo degli eventi e ci facciamo conoscere, facciamo conoscere le nostre idee.
Mi hai parlato di green, parlami della sostenibilità, quindi di come si crea un processo sostenibile in architettura, nella ristrutturazione e nell’interior. È una tematica molto delicata, quindi partiamo dal concetto di sostenibilità per poi svilupparlo nei diversi campi.
Allora diciamo che ci sono anche diversi livelli di applicazione per quello che è il processo di architettura perché può essere raggiunto con materiali che possono abbattere l’utilizzo di fonti di energia che possono appunto non essere sostenibili quindi il fatto di tutto l’efficenziamento energetico va in questa direzione e sempre di più per fortuna anche le nuove normative che pongono dei limiti sempre più stringenti in questo settore. Un altro filone è proprio quello del tipo di materiale che si va ad impiegare in architettura e nel cantiere. Sempre di più le aziende sia per via dei vincoli che grazie a questo sentimento di sostenibilità e diciamo di attenzione all’ambiente, mettono sul mercato prodotti che sono il frutto di un processo di produzione molto sostenibile, con poco dispendio di acqua e meno utilizzo di prodotti che arrivano da lavorazioni naturali. L’ultimo tema é invece legato al mondo del design che per tantissimo tempo non viaggiava in modo parallelo rispetto al mondo del green. Negli ultimi anni invece anche in questo campo c’è più attenzione da parte dei designer e delle aziende per prodotti ovviamente di moda, legati al trend del momento, ma con al centro l’obiettivo della sostenibilità.
È una tematica alla quale vi state legando o al momento solo in parte?
Anche noi stiamo sposando queste tematiche e la normativa ci aiuta tantissimo anche nelle indicazioni da dare al cliente sulle scelte.
Perché sei ambassador di Archiproducts?
Archiproducts nasce venti anni fa come catalogo di prodotti per l’architettura è design. Loro hanno sposato il mondo del digitale già da diversi anni e nel 2015/16 hanno poi messo la loro rete a servizio di professionisti in un e-commerce destinato anche al pubblico finale e agli utenti. L’anno scorso quando Archiproducts voleva ampliare la propria rete di contatti noi siamo stati i primi a farne parte. I clienti spesso gli chiedevano consigli anche sui professionisti a cui affidarsi e nonostante i tantissimi contatti non sapevano come mettere in relazione il cliente con i professionisti. Da questo nasce la figura dell’ambassador. Se noi proponiamo dei prodotti che sono sull’ e-commerce di Archiproducts il nostro cliente ha un ulteriore sconto rispetto al prezzo online in più se la stessa azienda riceve delle richieste di consulenza o legate a qualche singolo prodotto, ha in base alla zona da dove arriva il contatto, un ambassador in quella zona che può segnalare al potenziale cliente.
Parliamo adesso della mostra.
La mostra nasce in concomitanza con l’esigenza, la voglia e il desiderio dopo mesi di lockdown e zero eventi, di inaugurare questo ufficio, di mostrarlo e far conoscere al pubblico, ai fornitori, ai contatti e ai giornalisti. L’idea era quella di dare un valore aggiunto e di legarla a questa mostra dell’artista Giorgio De Palma. Le sue opere in ceramica hanno un senso e si legano al mio mondo. Il titolo Ingressi contingentati, per le varie ragioni legate al Covid, era, inoltre, perfettamente in linea.
Cosa significa essere architetto oggi anche in relazione a quello che è successo in questo 2020.
Essere un architetto oggi non è facile. Nel mio caso preferisco fare cose più piccole ma che riesco a gestirle dall’inizio alla fine. Mi è sempre piaciuto avere sotto controllo, dalla vita progettuale fino al cantiere e alla sua realizzazione. Contrariamente invece a quelli che preferiscono far parte di un grande team e seguire solo una piccolissima fetta di un qualcosa di gigantesco. Fatta questa scelta, mi sono trovato a reinventare il mio ruolo e lavoro anche tramite i social, che mi aiutano tantissimo a raccontare la quotidianeità del processo creativo assieme al linguaggio che ho deciso di usare, molto ironico. Quindi fare l’architetto oggi è condividere, essere presente, significa essere una figura molto social e sociale.