Storico marchio fiorentino fondato nel 1774, Pineider, da allora sinonimo di esclusività e artigianalità nella carta, pelletteria e articoli da scrittura, apre il suo flagship store al civico 12 di via Manzoni. Abbiamo intervistato Giuseppe Rossi, Direttore Generale.
L’opening milanese rappresenta il culmine del progetto di comunicazione Future means intrapreso a giugno.
Lo store dall’atmosfera vintage, ex sede Feltrinelli e per questo importante per la stessa azienda, come dichiara Giuseppe Rossi:
«Non è solo un semplice punto vendita ma un generatore di esperienze e di idee che unisce retail e wholesale al marketing, per una comunicazione a tutto tondo».
Quest’apertura è fondamentale per il progetto Future means?
È esattamente l’avvio del progetto. Una pietra miliare come Pineider ha bisogno di nuovi sbocchi commerciali e di comunicazione. Lo spazio in Manzoni 12 è l’incontro fisico del percorso fatto finora e di quello che stiamo attuando in relazione allo sviluppo commerciale e di branding.
Tant’è che questo luogo è un generatore di esperienze e di idee…
…di chiunque possa contaminare positivamente il nostro sviluppo creativo. Artisti, scrittori, tatuatori. Ascoltiamo e accogliamo chiunque crei energia positiva.
Ad esempio?
Abbiamo presentato il libro L’ultimo zar di Nicolai Lilin, il celeberrimo autore del best seller Educazione siberiana da cui è stato tratto un bellissimo film. Nicolai dal punto di vista puramente dell’impatto, è molto lontano dallo stereotipo del cliente Pineider ma per profondità culturale, per esperienza e anche per l’utilizzo materico della carta è invece molto vicino a noi. Ha incontrato i suoi lettori nel nostro store per creare un’energia positiva attorno a lui e a noi.
Perché questa location è così importante?
Pineider per quella che è la dimensione attuale dell’azienda, del brand e del business non avrebbe bisogno di un negozio così grande; è sviluppato su due piani e ci sono differenti sale ma lo abbiamo scelto perché è l’ex storica Feltrinelli e perché è adeguatissimo a incontrare i clienti e a sviluppare sinergie.
La connessione viscerale?
Mi piace raccontare una storia quando si parla del rapporto viscerale che si crea con il brand: nel 1957 Elizabeth Taylor si sposava per la terza volta. Decise che le partecipazioni di nozze dovevano essere scritte con un colore particolare, quello dei suoi occhi. Notissimo, gli occhi dell’attrice non sono blu, non sono azzurri, non sono verdi. Il suo agente cercò in tutto il mondo un laboratorio che potesse creare questo inchiostro. Solo Pineider seppe realizzarlo. Da allora il nostro rapporto con lei divenne viscerale, unico e profondissimo.
I cinque sensi. Cosa manca in questo store a riguardo?
Il rumore delle nostre macchine da stampa, antichissime e che fanno prodotti meravigliosi. In questo negozio non c’è nulla di casuale ma questo suono potrebbe renderlo ancora più intenso.
In che modo pensate di avvicinare ulteriormente i giovani alla scrittura?
Tramite persone e personalità che abbiano una collocazione sociale, professionale e culturale fresca. Si creerà sempre una connessione logica col nostro marchio. Un rapper che scrive le proprie rime potrebbe ad esempio utilizzare i nostri prodotti e comunicarli. Sarebbe molto bello anche sviluppare una Pineider dal tono più graffiante. Vogliamo che sia questo il canale.