A Milano alla Prometeo Gallery di Ida Pisani è stata inaugurata SOPRA | SOTTO, la prima personale di Omar Hassan.
L’artista performativo di origini egiziane non resta immobile di fronte a un panorama confuso come quello attuale. Con spirito combattivo ha infatti impiegato 96 ore per attraversare l’Italia andata e ritorno, disallestire la sua mostra personale di Napoli e allestire la nuova a Milano, visitabile fino al prossimo 10 settembre.
Omar, che valore assume per te questa mostra che arriva dopo mesi di stop forzato?
Assume sicuramente un valore di coraggio perché in un momento così delicato, caratterizzato principalmente dall’incertezza, ho voluto trasmettere il messaggio che l’arte non si ferma e che, nonostante tutto, debba riprendere il proprio movimento.
Da artista come vedi il sistema dell’arte contemporanea? Credi che questo periodo “sospeso” imposto dall’emergenza sanitaria possa essere un’occasione per modificare qualcosa che non funziona?
Ogni grande crisi o problema genera dei cambiamenti e questi cambiamenti possono avere dei risvolti negativi o positivi. Sta alla singola persona trovare il lato costruttivo. Il sistema dell’arte contemporanea, come ogni altro sistema, tende alla perfezione e quindi sarà sempre imperfetto.
«Siamo tutti pugili!! Ognuno è il pugile della propria vita e deve imparare il sacrificio, la dedizione e il coraggio di fare sempre un round in più.»
Una citazione di Omar esposta in galleria tra i suoi quadri.
La tua è un’arte d’azione, istintiva, che nasce da una metamorfosi ossia dall’azione sportiva che diventa azione artistica. Che cosa credi abbia inciso di più nel tuo percorso rendendolo unico? La passione per l’arte o la dedizione al sacrificio imparata dallo sport?
Sicuramente entrambe le cose messe a disposizione esclusiva delle mie opere! La voglia di raggiungere un obiettivo e comprendere che non avrei potuto fare altro che occuparmi d’arte mi hanno certamente indirizzato verso ciò che volevo diventare. L’arte è l’unica cosa che resta di noi. Io continuerò a vivere attraverso i miei quadri tramite gli occhi delle persone.
Un’ultima domanda. Quando hai smesso di praticare la boxe come ti è venuta l’idea di dipingere continuando ad utilizzare i guantoni? C’è stato un momento, un’intuizione o magari una persona che ti ha spinto verso questo percorso artistico?
In realtà provai questo esperimento a 15 anni dopo appena sei mesi di palestra. Già a quei tempi dipingevo ogni giorno e quindi unire le mie passioni quotidiane è stato per me naturale. Poi sono arrivati gli studi all’accademia di Brera e con l’approfondimento nel corso degli anni ne ho potuto sviluppare un vero concetto. Ci sono tante persone che mi hanno in qualche modo ispirato e le ringrazio sempre tutte, mi nutro delle esperienze degli altri e mi piace ascoltare.